
Dedico questo articolo a coloro che per quattro anni sono stati miei compagni nella scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.
In questo post ho spiegato brevemente cosa è la Psicoterapia Breve Strategica.
E’ un post un po’ particolare, è un ringraziamento per tutte le belle emozioni che abbiamo condiviso, e le serate di chiacchiere importanti addolcite dall’amicizia, e sempre inumidite dal vino, rosso ovviamente.
In quei weekend, rubati, alle famiglie, al lavoro, alle fidanzate e ai fidanzati si creava un’ atmosfera che non possiamo spiegare ma la palpavamo, la intuivamo…
Forse bisogna essere un po’ strategici per percepirla. La sentivamo nelle chiacchierate sui progetti, sulle critiche che facevamo agli altri modelli, ma anche al nostro. Sì perché noi strategici abbiamo gli occhi rivolti sempre verso l’oltre, verso l’infinito direi, se non fosse troppo romantico; alla ricerca di qualcosa di più, di quello che manca per migliorarsi, per migliorare.
Così attenti alla pragmaticità e all’ efficienza da sezionare e saggiare perfino il modello di Terapia Breve Strategica della nostra scuola di specializzazione. Per questo potremmo sembrare dei cinici, ma la verità è che siamo costantemente spinti ad analizzare la realtà, per capire come piegarla al servizio di tutti. Nostro nonno Watzlawick nel libro l’arte del cambiamento diceva che siamo “Servitori della neghentropia“.
Dopo un po’ di anni forse iniziamo finalmente a capirne il senso.
La scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica rende Cinici?
Si badi bene che di cinico nello strategico vi è ben poco; anzi, frequentando la scuola, per anni ci siamo addestrati per liberarci dall’ asfissia della razionalità, in cui la società attuale tende ad ingabbiare tutti. Fin da piccoli la nostra cultura ci ha condizionati con assunti positivisti: la ragione permette di spiegare tutto, la razionalità ci aiuta a risolvere i problemi.
Abbiamo scelto questa scuola infatti perché oltre sentire dentro di noi il desiderio, la necessità, dell’efficacia, del voler agire per cambiare la realtà, siamo vulcani pieni di emozioni. Non vogliamo imbrigliarle e costringerle tra le sbarre della razionalità, vogliamo lasciarle sgorgare, perché ne riconosciamo la bellezza, l’ autenticità e la vitalità.
Per troppi anni abbiamo dovuto tenere le emozioni a bada, nascoste, al servizio della ragione, finalmente in questa scuola non solo potevamo esprimerle, ma dovevamo anche coltivarle, riconoscerle. Abbiamo imparato ad evocarle in chi ci è davanti per condurlo ad aggirare le trappole che gli impediscono di essere sano, di essere il meglio di sè stesso, di aumentare la propria neghentropia.
Per riuscire a evocare emozioni e sensazioni ci siamo esercitati a lungo nell’utilizzo del linguaggio evocativo, di cui ho già parlato in questo post.
Immagini ed emozioni, non spiegazioni e ragionamenti

Abbiamo imparato che un immagine, una sensazione vale più di mille parole. Così rivedo la mano spesso alzata da Roberto per fare una domanda, la stessa che la sera prima aveva sollevato un bicchiere di vino, mentre parlavamo di disturbi, di prescrizioni, delle nostre vite. E sento un turbinio di emozioni: dalla gratitudine, alla libertà che si prova guardando l’oltre, alla gioia di crescere coltivando in un connubio razionalità ed emotività, mente e spirito, anima e carne, psicologia e vino.
E’ questo che sento quando ripenso alle nostre lezioni, alle nostre occasioni conviviali. Venivamo da tutta Italia, ma eravamo accomunati dall’ amore per la pragmaticità e dalla venerazione per le emozioni, per ciò che è irrazionale ma produce effetti concreti.
Rivedo quell’ affittuario speciale incontrato con Raffaele, ritorna nel cuore quel pomeriggio trascorso lamentandomi con lui dei limiti della scuola, del fatto che volevo ci costruissimo un modello nostro. Ancora non sapevo che lo stavamo già costruendo, perché come ci è stato detto, il “modello modella il terapeuta che modella il modello“.
Ripenso alle imprecazioni e al fastidio provato nel guardare i video o le sedute del Prof., quando quello che diceva ci sembrava immorale, inverosimile o irrazionale. Ma lui lo sapeva: l’importante non era convincere le nostre menti, ma formarci pian piano tramite l’esempio.
Si impara ad essere terapeuti strategici non con il pensiero, non con la coscienza, ma piano piano lasciandosi plasmare per “Cambiare rimanendo sempre gli stessi“.
Tanto il prof ti poteva infastidire quando lo vedevi in video, tanto ti colpiva suadentemente quando eri in coterapia con lui.
Lo studio del Prof

In quello studio. Odoravi ad ogni respiro l’aria di palo Alto, realizzavi di essere alla presenza di una circostanza che trascendeva la storia. Ogni ristrutturazione, ogni intervento, ogni sua mossa trasudavano esperienza; vedevi in azione gli insegnamenti di Paul Watzlawick, gli studi di Gregory Bateson, le abilità terapeutiche di John Weakland e le intuizioni di Milton Erickson.
Lui è un terapeuta che si muove con la precisione di un chirurgo, ogni volta l’ operazione è diversa, bisogna sempre essere pronti a improvvisare un po’ per resecare la malattia, sfruttando gli appoggi che la parte sana ti concede.
Cosa ci ha lasciato la scuola di specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica
Efficacia e emozioni alla ricerca del cambiamento. Perché dentro ognuno di noi c’è una farfalla che aspetta di essere dischiusa dal bozzolo in cui è rinchiusa. La scuola ci ha lasciato gli strumenti per liberare la farfalla dentro di noi, ma anche quella dentro di chi incontriamo.
Grazie, grazie a tutti.
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